LA TAVOLA DI SAN GIUSEPPE: SANTI E SIMBOLISMO DEI PANI

 

(a cura di Prof. Mimmo Bevilacqua)

I “Santi” partecipanti alla Tavola di san Giuseppe possono essere TRE, che
rappresenterebbero la Sacra Famiglia nelle persone di san Giuseppe, della Madonna e di
Gesù Bambino, ma il numero può arrivare a un massimo di TREDICI SANTI, che
richiamerebbero il numero degli apostoli insieme con Gesù nell’ultima cena.
Per “interpretare” questi Santi, i fedeli devoti li scelgono tra gli amici e i parenti, rispettando il
detto che recita “San Giuseppe ole i soi soi” (san Giuseppe vuole i suoi), cioè i parenti e gli
amici di Gesù.

Questa ricerca storica vuole offrire un contributo alla scoperta di alcuni simboli legati a
personaggi della Bibbia e ad alcuni santi – all’interno della vasta simbologia religiosa e cristiana – per scoprirne il ruolo che questi hanno avuto nella Storia della Salvezza. Al di là dei personaggi “fissi” presenti nella Tavola di san Giuseppe, la ricerca vuol far conoscere le vite di altri personaggi biblici e santi della cerchia di san Giuseppe, che hanno caratterizzato la storia e che possono essere “interpretati” dai parenti e dagli amici dei devoti nella celebrazione dei riti della Tavola di san Giuseppe. I loro simboli, legati alle gesta o alle virtù manifestate nel corso della loro vita, possono caratterizzare i Pani della Tavola di san Giuseppe.

I SANTI TRADIZIONALI
DELLA TAVOLA DI SAN GIUSEPPE
con i simboli incisi sui pani che li caratterizzano sono:

SAN GIUSEPPE – BASTONE FIORITO CON GIGLIO, simbolo di purezza, che fiorì per volere di Dio quando Giuseppe fu scelto come sposo della Madonna.

GESU’ BAMBINO – TRE PICCOLI PANI, simboli della Trinità, che rappresentano la
suddivisione della storia del mondo in tre Ere, ispirate alle tre figure della Trinità, con tre
anelli tra loro interallacciati (i “Cerchi Trinitari”).

MADONNA – CORONA DEL ROSARIO, deriva da un’usanza medioevale che consisteva nel
mettere una corona di rose sulle statue della Vergine; queste rose erano simbolo delle
preghiere “belle” e “profumate” rivolte a Maria. Da qui l’idea di utilizzare una collana di grani
(la corona) per guidare la preghiera comunitaria (il Rosario).

SANT’ANNA – PALMA, simbolo di regalità, di trionfo e di pace. Dagli antichi sacerdoti la
palma era adorata come manifestazione del divino, in quanto la sua forma richiamava i raggi
del sole.

SAN GIOACCHINO – TRONCO, simbolo della vecchia umanità che si apre alla fecondità
della grazia, sul quale Dio innesta i germogli della fede e della santità cristiana.

SANTA ELISABETTA – GIGLIO, simbolo di purezza, castità e bontà, apprezzato per la sua
candida bellezza; nel giglio ci sono tre proprietà: il medicamento, il candore e il profumo.
Il medicamento si trova nella sua radice, il candore e il profumo nel fiore.

SANTO ZACCARIA – BISACCIA, simbolo tangibile di un rigore fondato su privazioni e
digiuni, sulla vita comune e sull’assoluta povertà, dove la sopravvivenza era garantita dalla mendicità e dai lavori materiali più umili.

SAN GIOVANNI BATTISTA – AGNELLO, simbolo del sacrificio di Cristo che il santo indica con le mani (“Ecce agnus Dei”). San Giovanni dichiarò più volte di riconoscere Gesù anche
come il Messia annunciato dai profeti, ma il momento culminante fu quello in cui Gesù stesso volle essere battezzato da lui nelle acque del Giordano, per cui un altro simbolo per
raffigurare san Giovanni potrebbe essere la coppa per l’acqua del Battesimo.

SANTA MARTA – MESTOLO, simbolo domestico, perché i Vangeli presentano santa Marta che si occupa delle faccende domestiche, e Gesù le risponde: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno”. Il mestolo è anche simbolo di vita attiva: per questa ragione a santa Marta sono intitolate numerose congregazioni femminili nel mondo.

SANTA VERONICA – VELO, il simbolo rappresenta una famosa reliquia, un panno,
presumibilmente di lino, in possesso di santa Veronica, nel quale è impresso un volto
che si ritiene essere quello di Gesù. La leggenda narra che Veronica incontrò Gesù lungo la
via Dolorosa sulla strada verso il Calvario a Gerusalemme. Quando la donna si fermò per
asciugarne il sudore dal viso con il suo velo, l’immagine di Cristo fu impressa sul panno. Anche il nome “Veronica” nel passaggio dal greco al latino deriverebbe da “vera icon” (= vera icona immagine), appunto dalla vera immagine di Gesù impressa sul panno di lino.

SAN LAZZARO – BENDE, simbolo che ricorda la strepitosa risurrezione dalla tomba per opera di Gesù. San Lazzaro abitava a Betania, insieme alle sorelle Marta e Maria. I tre fratelli erano soliti ospitare Gesù quando quest’ultimo risiedeva a Gerusalemme. Secondo il Vangelo di Giovanni, una volta che Gesù venne a conoscenza della malattia di Lazzaro, arrivò a Betania, dove Lazzaro era già morto da quattro giorni. Dopo averlo accolto, le sorelle Marta e Maria accompagnarono Gesù al suo sepolcro scavato nella roccia. Giunto sul luogo, Gesù chiede di far rimuovere la pietra che sbarrava l’entrata alla tomba e, con le parole “Lazzaro, vieni fuori!”, il defunto uscì dalla tomba.
“Lazzaro uscì, con i piedi e le mani legati con le bende e il viso avvolto da un sudario”.

SANTA MARIA DI CLEOFA – AROMI, simboli della sepoltura di Gesù, che santa Maria di
Cleofa portò con se dopo la sua crocifissione, essendo una fedele discepola di Gesù. Viene
inoltre identificata con l’altra Maria dal Vangelo di Matteo, presente durante la deposizione di
Gesù e testimone della tomba vuota.

SANTA MARIA MADDALENA – TESCHIO/SPECCHIO. I due simboli apparentemente
contrapposti trovano in santa Maria Maddalena la loro giusta compensazione: il teschio come simbolo della sua nemesi e della sua morte e lo specchio come simbolo della sua vanità.

ALTRI SANTI
DELLA TAVOLA DI SAN GIUSEPPE
con i simboli da incidere sui pani:

SAN FILIPPO – CROCE. La croce di legno legata da un nastro annodato allude al suo
martirio: egli, infatti, fu crocifisso a testa in giù, senza l’ausilio dei chiodi, bensì legato alla
croce per mezzo di funi. Il simbolo pone l’accento sull’umiltà e la sottomissione di san Filippo
e la croce palesemente povera (due semplici bastoni tenuti insieme da un legaccio) sembra
voler dire: “Sia fatta la volontà di Dio”.

SAN GIACOMO – BASTONE. Il suo simbolo è appunto un bastone da gualcheraio, con
un’estremità di metallo, triangolare ed uncinata, usato per cardare la lana. San Giacomo,
infatti, fu martirizzato con un bastone e poi il corpo venne gettato giù dal tempio di
Gerusalemme, probabilmente nel 62 d.C.

SAN GIUSEPPE D’ARIMATEA – AMPOLLA, simbolo contenitore di aromi come mirra e
aloe. San Giuseppe d’Arimatea svolge un ruolo di rilievo nei racconti della passione di Gesù: in quanto uomo benestante che simpatizzava per la causa di Gesù, si presentò a Pilato per
ottenere il suo corpo e dargli una degna sepoltura, impedendo così che fosse gettato in una
fossa comune, con quella dei due ladroni. Nel pietoso intento, Giuseppe d’Arimatea trovò
collaborazione, oltre che nelle pie donne, anche in Nicodemo. Così Giuseppe organizza le
operazioni di recupero e sepoltura del corpo di Cristo, finanziando l’acquisto del lenzuolo di
lino in cui avvolgerà le membra martoriate e della mistura di unguenti profumati (mirra e
aloe) con cui ne profumerà il corpo, che verrà deposto nel sepolcro nuovo, scavato nella
roccia, che Giuseppe si era fatto costruire nelle vicinanze del Calvario. Una leggenda narra che
Giuseppe d’Arimatea, dopo aver calato il corpo di Gesù dalla croce, avrebbe raccolto il suo
sangue nel calice che Gesù stesso aveva usato il giorno dell’ultima cena per l’istituzione
dell’Eucarestia: tale calice rappresenterebbe il Santo Graal.

SANT’AGNESE – CAPELLI. I suoi capelli crebbero per coprire la sua nudità, perché
esposta pubblicamente nuda, durante le persecuzioni dei cristiani. Nata a Roma, di
origini nobili, consacrò al Signore la sua verginità. Accusata di magia fu condannata al rogo,
ma le fiamme non la lambirono. Fu trafitta e uccisa da un colpo di spada alla gola.

SAN SIMONE – SEGA. Dopo aver ricevuto lo Spirito Santo insieme con gli altri apostoli nel
Cenacolo a Gerusalemme, san Simone iniziò l’evangelizzazione dei popoli vicini, riunendosi
con un altro Apostolo, Giuda Taddeo, nelle regioni della Mesopotamia, dove vennero
martirizzati insieme. San Simone fu fatto a pezzi con una sega, probabilmente dopo aver
subito la crocifissione. Per questo san Simone è raffigurato con una sega in mano.

SAN GIUDA TADDEO – LANCIA, perché dopo la morte di Gesù, San Giuda Taddeo si dedicò a
predicare la Parola con grande passione e determinazione, tanto da attrarre e conquistare i
pagani di altre religioni, che così si convertirono in gran numero al cristianesimo; i sacerdoti
pagani fecero arrestare lui e l’apostolo Simone Zelota conducendoli al tempio del sole. Lì si
rifiutarono di rinnegare Gesù Cristo e di prestare culto alla dea Diana, e così i sacerdoti
pagani li fecero trucidare a sassate, a mazzate e a colpi di lancia.

SAN PIETRO – CHIAVI, simbolo che testimonia il fatto che Gesù ha dato a san Pietro
l’autorità di perdonare i peccati e aprire le porte del Paradiso. “A te darò le chiavi del
regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai
sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Queste chiavi sono anche un segno che, per lo Spirito e la
grazia di Dio, i Vescovi della Chiesa e il Papa possono “legare e sciogliere”, cioè prendere
decisioni sulla terra che siano valide agli occhi di Dio. Le chiavi sono una d’oro e una
d’argento. La chiave d’oro allude al potere nel regno dei cieli e la chiave d’argento
indica l’autorità spirituale del Papa sulla terra.

SAN PAOLO – SPADA, simbolo che rappresenta il martirio di san Paolo. Visto che san
Paolo era cittadino romano, non poteva essere crocifisso, infatti venne decapitato con
una spada fuori dalle mura di Roma. La spada simboleggia anche la Parola di Dio e la
fedeltà di san Paolo alla missione evangelizzatrice della Chiesa. San Paolo spiega perché
la Parola di Dio è collegata a una spada: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”.

SANT’ANDREA – CROCE, perché la tradizione vuole che sant’Andrea sia stato prima
rinchiuso in prigione, quindi gravissimamente flagellato, e da ultimo legato e non inchiodato
su una croce latina detta “Croce decussata” (a forma di X) e comunemente conosciuta con il
nome di “Croce di sant’Andrea”, dal momento che egli non avrebbe mai osato eguagliare
Gesù nel suo martirio. Il tema crocifissione di Gesù fu molto ricorrente nella sua predicazione,
tanto che sopravvisse due giorni sulla croce, istruendo il popolo sull’importanza del sacrificio
del Signore e di non permettere che egli fosse deposto dalla croce. Durante tale predicazione
fu circondato da un grande splendore celeste che finì nel momento della sua morte.

SAN MATTEO – ANGELO, simbolo che ispira e guida la mano di san Matteo mentre scrive
il suo Vangelo. San Matteo era un pubblicano, cioè un esattore delle tasse per conto dei
romani, e si chiamava Levi. Quando Gesù passò vicino al pubblicano Levi gli disse
semplicemente “Seguimi”; fu per questo motivo che san Matteo scelse l’Angelo come simbolo
del suo Vangelo, perché l’Angelo rappresenta una chiamata, un’energia, un’indicazione,
un consiglio, un’intuizione che proviene da Dio e quindi un invito a incarnare lo scopo
della vita.

SAN MARCO – LEONE, simbolo di risurrezione, in virtù della sua fortezza, perché nel
Vangelo di Marco viene narrato il maggior numero di profezie che Gesù fece riguardo
alla propria risurrezione. Un secondo motivo sarebbe il fatto che il suo Vangelo inizia
con la voce di san Giovanni Battista che, nel deserto, si eleva simile a un ruggito di
leone, preannunciando agli uomini la venuta del Cristo. Tuttavia, il Leone può essere
anche alato, e rappresenterebbe la forza della parola dell’Evangelista, le sue ali l’elevazione
spirituale, l’aureola la santità.

SAN LUCA – BUE, simbolo di mansuetudine, per il suo intimo soffermarsi sulle vicende
di Maria e dell’infanzia di Gesù nel suo Vangelo. San Luca è infatti definito lo “scriba della
mansuetudine di Cristo” per il predominio, nel suo Vangelo, di immagini di mitezza, di gioia
e di amore. Fu compagno e collaboratore di san Paolo, che lo definisce “il caro medico”, che era la sua vera professione.

SANT’ANTONIO – LIBRO, simbolo della sua scienza, della sua dottrina, della sua
predicazione e del suo insegnamento sempre ispirato alla Bibbia. Sant’Antonio non è
solamente il frate semplice che noi tutti conosciamo. Il santo è stato anche un fine teologo, e i
suoi Sermoni sono veri e propri trattati teologici. Basta ricordare che fu lo stesso San
Francesco a dare ad Antonio la “responsabilità” dell’istruzione dei frati e dell’insegnamento
della teologia fu inviato a contrastare in Francia la diffusione del movimento eretico dei càtari, fondato essenzialmente sul rapporto oppositivo tra materia e spirito.

SAN BIAGIO – 2 CANDELE INCROCIATE, che vengono accese per la benedizione della
gola, per affermare il patronato di san Biagio sulla gola e per ricordare il miracolo che
compì, sulla via del martirio, nel salvare un bambino che rischiava di soffocare a causa
di una lisca di pesce in gola. Per questo miracolo san Biagio viene invocato come protettore
della gola. E, siccome la memoria del Santo ricorre il giorno dopo la Candelora, si usa benedire
la gola dei fedeli incrociando sotto il mento due candele benedette il giorno precedente.

SAN NICOLA – BASTONE PASTORALE, simbolo di un’elezione episcopale, che ha del
miracoloso. Essendo morto il vescovo di Mira, i vescovi dei dintorni si erano riuniti in chiesa
per individuare il nuovo vescovo da dare alla città. Quella stessa notte uno di loro ebbe in
sogno una rivelazione: avrebbero dovuto eleggere un giovane (laico) che per primo all’alba
sarebbe entrato in chiesa. Il suo nome era Nicola. La rivelazione di questa visione agli altri
vescovi suscitò in loro una grande curiosità e vista l’importanza di quell’elezione, compresere
che l’eletto sarebbe stato destinato a fare grandi cose. Così continuarono a pregare per tutta la
notte. All’alba la porta della chiesa si aprì ed entrò Nicola. Il vescovo che aveva avuto la visione gli si avvicinò e chiestogli come si chiamasse, lo spinse al centro dell’assemblea e lo presentò agli astanti. Tutti furono concordi nell’eleggerlo e nel consacrarlo, seduta stante, nuovo Vescovo di Mira.

SANTO STEFANO – PIETRE, simboli della sua lapidazione. Santo Stefano fu il primo
martire ucciso per la sua fede in Gesù Cristo e il fatto che non sia stato ucciso mediante
crocifissione (metodo usato dagli occupanti romani della Palestina), bensì tramite lapidazione, tipica esecuzione giudaica, ci fa capire che la morte di Stefano avvenne nel 36 d.C., durante il periodo di vuoto amministrativo romano, seguito alla deposizione di Ponzio Pilato. In quel periodo a comandare in Palestina era quindi il Sinedrio, il tribunale ebraico composto da 70 giudici, che eseguiva le condanne a morte tramite lapidazione, secondo la tradizione locale. Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.

SAN TOMMASO – SQUADRA. L’apostolo Tommaso svolse la sua missione in India, luogo
adatto per annunciare la Resurrezione del Signore Gesù, che era abitata da popolazioni
considerate barbare, fra cui era ben radicata la mancanza di vera fede e di vera pietà. La
tradizione narra che san Tommaso aveva ricevuto dell’oro da parte del re per costruire
un nuovo palazzo e che, invece, lo aveva distribuito tra i poveri ed i bisognosi e non si era
preoccupato della costruzione del palazzo. Questo causò la sua condanna a morte con i dardi,
ad opera dei soldati del re indiano. Per questo l’arte raffigura lo stemma del santo con una
squadra, una lancia e una palma.

SAN BARTOLOMEO – COLTELLO, perché, secondo la tradizione, avrebbe subito un
atroce martirio: condannato a essere scuoiato vivo e poi decapitato. L’iconografia
relativa a san Bartolomeo lo mostra con in mano la sua stessa pelle, della quale è stato
“svestito” dagli aguzzini. Una delle raffigurazioni più celebri si trova a Roma, nella cappella
Sistina, dove nella maschera di volto sfigurata dalla sofferenza, che appare sulla pelle di san
Bartolomeo, pare che Michelangelo abbia voluto tracciare il suo autoritratto.

SANTA GIOVANNA – MIRRA. Giovanna è stata testimone privilegiata della passione del
Cristo: è colei che, il mattino di Pasqua insieme a Maria Maddalena e Maria di Cleofa si recò
sulla tomba del Cristo, portando con sé gli aromi preparati per il corpo di Gesù. Le tre
donne impaurite trovarono la pietra scostata dal sepolcro: il corpo di Gesù era scomparso.

SANTA ESTER – STELLA, perché il nome Ester/Isthar, è collegato alla radice che in molte
lingue antiche e moderne indica una stella (in persiano “stara”, in italiano “astro”, in greco
“aster”, in inglese “star”). Ester è la figlia di Aminadàb della tribù di Beniamino, una delle due
tribù che costituivano il Regno di Giuda prima della sua distruzione da parte dei babilonesi e
la deportazione, nel 597, del regno nelle province dell’impero persiano. A capo dell’impero
persiano c’era il re Serse, che, ubriaco ad una celebrazione del terzo anno del suo regno,
ordina alla sua regina di mostrare la propria bellezza davanti a tutti; quando lei rifiuta, la fa
bandire e cerca una nuova regina, e fra le belle fanciulle che si presentano al re, c’è anche
Ester, che, profumata di mirra, nasconde le sue origini ebraiche, ma il re si innamora di lei e ne fa la sua regina, la sua nuova stella.

SANTA LIA – MELOGRANO, simbolo dell’amore fedele e fecondo, che trova la sua
pienezza in santa Lia, prima moglie del patriarca Giacobbe, che generò 6 figli
capostipiti di 6 tribù di Israele. Santa Lia, essendo in tarda età per concepire figli, venne
“assegnata” dal padre Labano al genero Giacobbe, che avrebbe preferito la sorella Rachele. Il
melograno è la metafora della fertilità e trova la sua massima carica simbolica nel Cantico dei
Cantici.

SANTA RACHELE – SPIRALE, simbolo di energia, fecondità e in alcune culture
rappresenta anche il viaggio che si compie dopo la morte. Santa Rachele, sorella di Lia,
diede al patriarca Giacobbe due figli, due dei dodici progenitori delle tribù di Israele: Giuseppe e, molti anni dopo, Beniamino, ma morì subito dopo il parto.

SANTA SARA – CORONA, simbolo del potere conferito da Dio, perchè nella Bibbia Sara
significa “Signora” e “Principessa” e lei sarà la progenitrice della discendenza eletta di
Abramo e gioca un ruolo fondamentale nel compimento della promessa di un Dio fatto carne
in Gesù, in quanto Sara darà alla luce il patriarca Isacco, padre di Giacobbe, da cui
discenderanno le 12 tribù di Israele.

SANTA GIUDITTA – SCIMITARRA, perché nella Bibbia, più precisamente nel “Libro di
Giuditta”, si narra il modo in cui questa vedova ricca, bella, ma soprattutto virtuosa e
timorata di Dio e per questo profondamente amata dal popolo ebraico, riuscì a salvare
la propria gente dall’assedio del re assiro Oloferne, che la invitò nelle sue stanze e Giuditta
attese il momento giusto per ucciderlo tagliandogli la testa con due colpi di scimitarra. Dopo
averlo ucciso, mise la testa nel cesto delle vivande e tornò, vittoriosa, presso il suo popolo.
Giuditta è, tra le figure bibliche, simbolo di virtù e di devozione a Dio.

SANTA MIRIAM – CETRA, strumento musicale con cui santa Miriam compose un inno
quando il popolo di Israele attraversa il Mar Rosso e poi le truppe del faraone vengono
annegate nelle sue acque dall’ira di Dio. L’inno è considerato uno dei più antichi
componimenti poetici nella storia ebraica. Santa Miriam, sorella di Mosè, lungo il fiume Nilo,
seguì il percorso della cesta col piccolo Mosè, fino a che non giunse al palazzo del faraone,
dove la figlia del faraone trovò il piccolo e decise di adottarlo. Uscita allo scoperto, la piccola
Miriam chiese alla principessa se avesse voluto una nutrice ebrea per svezzare il bambino e,
avendo questa acconsentito, chiamò sua madre per svolgere quel compito.

SANTA DEBORA – BILANCIA, strumento simbolo della Legge, perché santa Debora era
una profetessa e l’unica donna a far parte dei giudici d’Israele. Il suo ruolo era quello di
insegnare che le crisi e le difficoltà del popolo di Israele trovavano il loro fondamento nella
sua infedeltà a Dio, in quanto il popolo cadeva nell’idolatria. Ecco che Debora agisce
risolvendo le dispute che sorgevano tra gli Israeliti. Un ruolo di grande importanza per una
donna a quel tempo, perché Debora si rivela una donna forte, risoluta, coraggiosa e piena di
spirito di iniziativa.

SANT’ANANIA – ACQUA, simbolo del Battesimo che sant’Anania amministrò a san Paolo
dopo avergli fatto recuperare la vista. Questo atto compiuto da sant’Anania, portò a
compimento la piena conversione di san Paolo, avvenuta sulla via di Damasco, quando lo
avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì la voce del Signore Gesù. Tradizionalmente
Anania è indicato tra i 70 discepoli che furono inviati a predicare nel mondo.

SAN GIOSUE’ – CORNO, strumento musicale usato dai sacerdoti durante la presa della
città di Gerico, ottenuta da Giosuè facendo procedere in processione l’Arca
dell’Alleanza al suono dei corni dei sacerdoti e girando intorno alle mura della città per
sette giorni; al termine del settimo giro del settimo giorno, Giosuè fece gridare tutto il popolo
ebreo e suonare i corni, così le mura crollarono, permettendo così la sconfitta e la morte degli
spaventati difensori di Gerico. Per questa sua sapienza e forza, Giosuè merita di diventare il
successore di Mosè, che guiderà il popolo nell’ingresso nella terra promessa di Israele.

Prof. Mimmo Bevilacqua

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