COCUMOLA

ORIGINI

Cocumola, insieme a Specchia Gallone, è una delle frazioni di Minervino di Lecce.

Si pensa che l’origine del suo nome sia da ricondurre alla parola latina cucuma, che significa “piccolo vaso di creta”, in quanto si suppone che in passato ci fossero delle botteghe artigiane che producevano terrecotte; un’altra ipotesi è che derivi dal termine latino cumulus, che vuol dire “raccolta, accumulo, granaio” per la presenza di numerose fogge sul territorio. In documenti del XVII secolo il piccolo paese compare con il nome “Cocumella”.

Il suo territorio è stato abitato fin dai tempi più antichi, come dimostra la presenza di dolmen e menhir. Sicuramente colonizzato dai greci e poi dai romani, evidenti tracce della presenza romana a Cocumola e dintorni sono da attribuire ad una strada vicinale che dalla masseria San Giovanni conduce a Porto Badisco e il cui fondo stradale è costituito da pietra biancastra con evidenti tracce delle carrozze che nei tempi l’hanno percorso. Successivamente, anche i Bizantini avrebbero lasciato le tracce del loro passaggio con una chiesa di rito greco dedicata a San Giorgio, di cui non rimane testimonianza se non nel toponimo Via San Giorgio nelle vicinanze in cui la chiesa sorgeva. Intorno al XVI secolo Cocumola divenne casale con il nome di “San Joannis di Cocumola” e, dopo le incursioni dei Saraceni nel Salento, venne munita di un torrione circolare a guardia delle vie di accesso al mare. La torre fu abbattuta attorno al XIX secolo e il materiale fu utilizzato per ampliare la settecentesca Chiesa Matrice.

Dal catasto onciario del 1749, si apprese che Cocumola faceva parte della Diocesi di Castro e risultava essere uno dei più piccoli casali di Terra d’Otranto insieme a quello di Vaste e San Cassiano. Il feudo di Cocumola appartenne a diverse famiglie nobili fino all’Unità D’Italia, quando Cocumola venne aggregata a Minervino di Lecce.

 

 

CHIESE, MONUMENTI E DIMORE STORICHE

Le chiese di Cocumola sono le seguenti:

La Chiesa di San Nicola Vescovo è la chiesa madre. Fu edificata nel XVIII secolo e ampliata tra il 1896 e il 1906, anno in cui furono terminati i lavori della facciata e la Torre dell’orologio. La facciata realizzata in pietra leccese, svetta altissima ed è articolata in due ordini suddivisi in tre settori da lesene sovrapposte sostenute da un robusto piedistallo, presentano capitelli vari: ionici quelli inferiori, tuscanici quelli superiori. Le corpose trabeazioni includono una cornice aggettante ingentilita da una sequenza di dentelli con pigne angolari. Sulla facciata sono presenti tre portali: quello al centro, sormontato da un modesto oculo, è il più grande e presenta due mensole scultore che sostengono la pronunciata cornice. Vi è poi il campanile a pianta quadrata che presenta un’incisione latina datata 1551. L’interno è suddiviso in tre navate da tre coppie di massicci pilastri posti a sostegno di arcate a tutto sesto. Vi è un unica abside semiottagona coperta da una mezza volta a ombrello poggiante su pronunciate lesene a libro. Ogni navata è articolata in quattro campate e l’ultima, la più antica, ha uno sviluppo longitudinale ridotto. I cinque altari presenti sono dedicati alla Madonna Assunta, a Santa Margherita Maria Alacoque, a San Nicola, a San Francesco da Paola e alla Madonna del Rosario. In una nicchia è poi custodita la statua in legno a mezzo busto di San Nicola Vescovo, protettore di Cocumola.

La Chiesa della Madonna Assunta è citata per la prima volta in un documento pastorale del ‘600. Fu ampliata nel XVIII con l’aggiunta del transetto nel quale sono custodite due statue in legno della Madonna Assunta (una delle quali venerata anche come Madonna dell’Uragano) e un crocefisso processionale appartenente alla confraternita dell’Assunta che ha officiato in questa Chiesa fino alla fine del XX secolo. La facciata è molto semplice con un grande portale sormontato da una finestra centinata. L’interno è a croce latina terminante in un’abside semicircolare. La copertura è a volta a botte. All’interno elemento decorativo è il barocco altare maggiore in pietra leccese scolpito con piante e fiori. Questa chiesa è stata restaurata nel 1997.

La Cappella della Madonna Immacolata fu riedificata nel 1968 sulle rovine di una chiesa del XVIII secolo, crollata intorno al 1950. Sulla facciata vi è un grande portale sormontato da una statua in pietra della Madonna. All’interno vi è un’aula unica rettangolare con volta piana: questa ospita le statue in pietra di Santa Rita da Cascia, Santa Lucia e della Madonna Immacolata provenienti dalla vecchia chiesa. Di quest’ultima rimane anche una lapide con un’epigrafe latina che ricorda la dedicazione all’Immacolata Concezione, il sacerdote committente (don Francesco Antonio Preite) e la data di costruzione in cifre romane MDCCLI (1751).

Lo storico Cosimo De Giorgi, alla fine del XIX secolo, scopre Il Menhir della Croce nella campagna, fuori dalla periferia di Cocumola con altezza di 375 centimetri. Oggi il monolite, probabilmente spostato dal sito originario, con evidenti segni di restauro e una notevole difformità nella sezione e gli spigoli arrotondati nella parte superiore, è stato collocato al centro di una piazzetta di blocchi di pietra calcarenitica (tufo) con aiuole in un trivio di strade nell’abitato.

Sul rinvenimento del Menhir Pizzilonghi-Urpinara non ci sono notizie; questo monolite, appena sgrossato e diverso da tutti gli altri, ha l’aspetto di una lastra. È collocato nel fondo Urpinara, contrada Pizzilonghi, infisso tra la vegetazione.

Tra i palazzi nobiliari, citiamo Palazzo Pasca, che fu costruito nella metà del XVI secolo e ingloba una torre quadrangolare del ‘400. L’edificio di affaccia sulla piazza San Nicola e la sua facciata è caratterizzata da un grande portone molto elaborato in stile barocco. L’edificio si distribuisce su un unico piano intorno ad un cortile centrale su cui si affacciano tutti gli ambienti.  La parte nobile del palazzo è ancora abitata dai proprietari e arredata con mobili d’epoca. Possiede poi un ampio giardino sul lato destro dove è presente un grande esemplare di Quercia Vallonea pluricentenaria e anche un’edicola barocca.

Il Lazzaretto costituiva invece il luogo in cui venivano ricoverate le persone colpite da gravi malattie contagiose, come la malaria. Di esso rimane solo l’arco di accesso su cui è incisa la data 1689. Oggi l’arco è l’ingresso a una corte in cui si affacciano abitazioni private.

 

 

COCUMOLA E VITTORIO BODINI

Il comune di Minervino e la frazione di Cocumola hanno ospitato più edizioni del Premio “La Luna dei Borboni” dedicato alla memoria di Vittorio Bodini, poeta tra i più originali e significativi del Novecento ma ingiustamente trascurato dall’antologia italiana. Di origini salentine, Bodini ha la capacità di assimilare paesaggi, terre, abitudini, volti e natura, facendone la base per liriche che fanno vibrare la mente e l’anima di chi ha la sensibilità di saperle leggere e recepire.

Cocumola deve la sua notorietà a una bella poesia di Vittorio Bodini, ermetica e densa di ricordi. Già a partire dal suono che si emette pronunciando il nome di Cocumola nasce immediata la voglia, il desiderio di comprendere meglio di che cosa si stia parlando. La poesia recita così:

“Un paese che si chiama Cocumola

è

come avere le mani sporche di farina

e un portoncino verde color limone.

Uomini con camicie silenziose fanno un nodo al fazzoletto

per ricordarsi del cuore.

Il tabacco è a secare,

e la vita cocumola fra le pentole

dove donne pennute assaggiano il brodo.”

 

 

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